Congedi parentali

CCNL Commercio – Confcommercio | CNEL H011 | Accordo di Rinnovo | 22 marzo 2024 Inizio validità : 1 aprile 2023 – Scadenza normativa: 31 marzo 2027 

Articolo 197 – Congedo di maternità e di paternità 

Durante lo stato di gravidanza e puerperio (congedo di maternità) la lavoratrice ha diritto di astenersi dal lavoro

a) per i due mesi precedenti la data presunta del parto indicata nel certificato medico di gravidanza; 

b) per il periodo intercorrente tra la data presunta del parto e il parto stesso

c) per i tre mesi dopo il parto

d) durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternità dopo il parto; 

e) dopo l’evento del parto, su scelta volontaria della lavoratrice, entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro

Ai sensi dell’art. 20 del D.Lgs. 151/2001, e ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità, in alternativa a quanto previsto dalle lettere a), c) ed e) le lavoratrici hanno la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro. In applicazione ed alle condizioni previste dal D.Lgs. n. 151/2001 agli artt. 6, comma 1 e art. 7, comma 6 l’astensione obbligatoria può essere prorogata fino a 7 mesi dopo il parto qualora la lavoratrice addetta a lavori pericolosi, faticosi e insalubri non possa essere spostata ad altre mansioni. Il provvedimento è adottato anche dall’ITL su richiesta della lavoratrice.

In applicazione ed alle condizioni previste dal D.Lgs. n. 151/2001 agli artt. 6, comma 1 e art. 7, comma 6 l’astensione obbligatoria può essere prorogata fino a 7 mesi dopo il parto qualora la lavoratrice addetta a lavori pericolosi, faticosi e insalubri non possa essere spostata ad altre mansioni. Il provvedimento è adottato anche dall’ITL su richiesta della lavoratrice.

Il diritto di cui alla lett. c) e d) è riconosciuto anche al padre lavoratore ai sensi e per gli effetti di cuiall’art. 28 del D.Lgs. n. 151/2001, in caso di:

– morte o di grave infermità della madre;

– abbandono o affidamento esclusivo del bambino al padre.

Per quanto riguarda il trattamento normativo, durante il suddetto periodo (congedo di paternità) siapplicano al padre lavoratore le stesse disposizioni di legge e di contratto previste per il congedo di maternità. In caso di grave e comprovato impedimento della madre, per cause diverse da quelle indicate al comma precedente, il padre lavoratore avrà diritto, per un periodo di durata non superiore a quanto previsto al primo comma, lett. c) e d), ad usufruire della aspettativa di cui all’art. 169.

I periodi di congedo di maternità dal lavoro devono essere computati nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti contrattualmente previsti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità, alle ferie ed al trattamento di fine rapporto.

Durante il periodo di congedo di maternità la lavoratrice ha diritto ad una indennità pari all’80% della retribuzione, posta a carico dell’Inps dall’art. 74, Legge 23.12.1978, n. 833, secondo le modalità stabilite, e anticipata dal datore di lavoro ai sensi dell’art. 1, D.L. n. 663/1979, conv. dalla Legge29.2.1980, n. 33.

Per i soli periodi indicati nel primo e secondo comma del presente articolo, l’indennità di cui al comma precedente verrà integrata dal datore di lavoro in modo da raggiungere 100% della retribuzione mensile netta cui la lavoratrice avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto, salvo che l’indennità economica dell’Inps non raggiunga un importo superiore.

L’importo anticipato dal datore di lavoro è posto a conguaglio con i contributi dovuti all’Inps, secondole modalità di cui agli artt. 1 e 2, D.L. n. 663/1979, conv. dalla Legge 29.2.1980, n. 33.

Chiarimento a verbale all’art. 197

Le Parti si danno atto che, ferma restando la corresponsione integrale della tredicesima mensilità, le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla quattordicesima mensilità

Articolo 198 – Congedo parentale 

Ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro (congedo parentale), secondo le modalità stabilite dal presente articolo, ai sensi e per gli effetti di cui al D.Lgs. n. 151/2001, per ogni bambino, nei suoi primi dodici anni di vita

Ai fini dell’esercizio del diritto al congedo parentale, ciascun genitore è tenuto a dare al datore di lavoro un preavviso scritto di almeno 5 giorni, salvo casi di oggettiva impossibilità. 

Fermo restando quanto previsto dal precedente comma 1, nel caso in cui vengano richieste frazioni di durata inferiore a 15 giorni continuativi nell’ambito dello stesso mese di calendario, la domanda dovrà essere presentata con cadenza mensile unitamente ad un prospetto delle giornate di congedo. 

I congedi parentali dei genitori non possono complessivamente eccedere il limite di dieci mesi, fatto salvo il disposto di cui al comma 2 dell’art. 32 e all’art. 33 del D.Lgs. 26.3.2001, n. 151. 

Nell’ambito del predetto limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete

a) alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi; 

b) al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi elevabile a sette nel caso di cui al comma 2 dell’art. 32 del D.Lgs. 26.3.2001, n. 151; 

c) qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a undici mesi

d) nei casi di adozioni e affidamenti di cui agli artt. 36 e 37 del D.Lgs. 26.3.2001, n. 151. 

Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi, il limite complessivo dei congedi parentali dei genitori è elevato a undici mesi.

Ai sensi dell’art. 34 del T.U. (D. Lgs. 26.3.2001, n. 151), per i periodi di congedo parentale è dovuta, a carico dell’Inps, per tre mesi non trasferibili, alle lavoratrici e ai lavoratori, fino al dodicesimo anno di vita del bambino, un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione, elevata, in alternativa tra i genitori, per la durata massima complessiva di due mesi fino al sesto anno di vita del bambino, alla misura dell’80 per cento della retribuzione nel limite massimo di un mese e alla misura del 60 per cento della retribuzione nel limite massimo di un ulteriore mese, elevata all’80 per cento per il solo anno 2024. I genitori hanno altresì diritto, in alternativa tra loro, ad un ulteriore periodo di congedo della durata complessiva di tre mesi, per i quali spetta un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione. Per i periodi di congedo parentale ulteriori è dovuta un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria.

I periodi di congedo parentale sono computati nell’anzianità di servizio e non comportano riduzione di ferie, riposi, tredicesima e quattordicesima mensilità, ad eccezione degli emolumenti accessori connessi all’effettiva presenza in servizio.

Sono fatti salvi gli obblighi di legge a carico del lavoratore con riferimento all’apposita istanza di congedo che lo stesso deve presentare all’Inps.

Articolo 199 – Permessi per assistenza al bambino

Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili, durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a 6 ore

Il diritto di cui al comma precedente è riconosciuto in alternativa alla madre, al padre lavoratore, nei seguenti casi: 

a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre; 

b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga; 

c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente; 

d) in caso di morte o di grave infermità della madre. 

La concessione dei riposi giornalieri al padre lavoratore è subordinata, nei casi di cui alle lettere a), b), c) del capoverso precedente, all’esplicito consenso scritto della madre. 

I periodi di riposo di cui al presente articolo hanno la durata di un’ora ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata del lavoro; essi comportano il diritto della lavoratrice o del lavoratore ad uscire dall’azienda. In caso di parto plurimo, i periodi di riposo sono raddoppiati e le ore aggiuntive possono essere utilizzate anche dal padre. 

Per detti riposi è dovuta dall’Inps un’indennità pari all’intero ammontare della retribuzione relativa ai riposi medesimi. L’indennità è anticipata dal datore ed è portata a conguaglio con gli importi contributivi dovuti all’ente assicuratore, ai sensi dell’art. 8, Legge 9.12.1977, n. 903.

Entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto di astenersi dal lavoro per i periodi malattie di ciascun figlio di età non superiore a tre anni. Ciascun genitore, alternativamente, ha altresì diritto di astenersi dal lavoro, nel limite di cinque giorni lavorativi all’anno, per le malattie di ogni figlio di età compresa fra i tre e gli otto anni.

I periodi di congedo per malattia del bambino sono computati nell’anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie ed alle mensilità supplementari, ai sensi dell’art. 48 del D.Lgs. n. 151/2001 e al trattamento di fine rapporto.

Scritto da alessia 20/06/2024 - 14:23
Modificato da alessia 20/06/2024 - 14:41